Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


martedì 8 ottobre 2013

ITALIA - L’apologia dell’egoismo


Il patetico tentativo messo in atto in questi giorni dalla Lega Nord di raggranellare qualche consenso utilizzando la questione dell’immigrazione (scomparsa negli ultimi due anni dal pubblico dibattito, a vantaggio di spread,tassi di interesse,bilanci e debiti) a seguito della tragedia di Lampedusa,non è un problema che attiene unicamente un partito xenofobo e il proprio elettorato. E’ qualcosa che riguarda più profondamente la coscienza collettiva e individuale di ogni italiano, di ogni europeo, di ogni essere umano che senta di appartenere,in qualche maniera, a una società. E’ innegabile che l’apologia dell’egoismo che ha trovato nella Thatcher e in Reagan due illustri profeti e legittimatori abbia condizionato profondamente lo sviluppo sociale occidentale degli ultimi tre decenni, gettando le fondamenta per monumentali palazzi,tutt’ora in costruzione, che possono vantare architetti del calibro di Dick Cheney, Ronald Rumsfeld,Bush padre(mi rifiuto tutt’ora di pensare che George W. avesse consapevolezza di quanto stesse accadendo nel corso del proprio doppio mandato) e,nelle remote lande del Vecchio Continente, Tony Blair,Nicolas Sarkozy ,fino a scendere al confine meridionale, con la Silvio Berlusconi Spa(elenco chiaramente a titolo puramente esemplificativo).

In questi decenni abbiamo assistito,il più delle volte senza accorgercene, a un progressivo ribaltamento del nostro orizzonte.

La fase del dopoguerra, segnata da un’inclusività allargata,generata dalla necessità della ricostruzione e segnata dal trauma degli orrori da poco sperimentati nel conflitto, ha celermente ceduto il passo alla disgregazione e alla mesmerizzazione sociale.

L’orizzonte dell’individuo è passato dall’altro a se stesso impoverendo, non solo la capacità delle fasce meno abbienti di far fronte allo strapotere di quella nicchia che si andava esponenzialmente arricchendo, ma anche la dimensione culturale di ogni singolo individuo.

La mancanza di confronto porta a reiterare i medesimi ragionamenti sorretti dalle proprie convinzioni riducendo l’idea stessa a un mantra autistico recitato in maniera sempre più convinta, in toni sempre più alti,infilandoci anche una buona dose di turpiloquio per incrementarne l’incisività. 

La distanza tra l’uomo della strada e il rappresentante politico si è così ridotta,sbalzandoci dinnanzi a una politica che adottava un lessico da bar dello sport per innalzare il proprio consenso e a un cittadino che , riconoscendo inevitabilmente a essa una dimensione , checché se ne dica, più elevata non ha fatto altro che dissetarsi alla fontana dei propri istinti più viscerali, ormai legittimati dalle alte sfere. Un meccanismo che per esistere ha però bisogno del diverso,dell’altro, di qualcuno a cui si possano dare colpe di paternità incerta.

Una simile impalcatura non si regge da sola. Non se tu riconosci nell’altro un tuo simile,qualcuno con le stesse tue necessità, pulsioni,esigenze,desideri. Qualcuno che pianga per un lutto o perché sfruttato,o perché la casa gli si è appena frantumata sotto una bomba. Qualcuno che porti tra le braccia cadaveri di creature talmente piccole da non aver ancora imparato a gridare “aiuto” e che, dopo averle seppellite, intraprenda un viaggio a piedi in mezzo al deserto,vedendo cadere a uno a uno i propri compagni di sventura,pensando che ogni alba che si riflette nei suoi occhi potrebbe essere l’ultima. Qualcuno che, sopravvissuto a tutto questo ,metta nelle mani di trafficanti di carne umana tutti i propri averi per salire a bordo di imbarcazioni stracolme, che anche se non ne capisci nulla di nautica non ci metti molto a comprendere che possono arrivare all’altra riva solo per un corpo di fortuna. Qualcuno che su quella spiaggia magari ci arriva,poggia piede a terra e quel punto….

A quel punto diventi un criminale. Reo del crimine di “essere umano”. Di esistere al di là di una linea tratteggiata su un pezzo di carta che ogni giorno le merci non hanno alcun problema a oltrepassare in una perfetta triangolazione che parte da una fabbrica in cui vengono negati diritti e salari,per approdare in un qualunque centro commerciale occidentale(glissiamo su dispendio energetico e conseguente inquinamento),fruttando alla multinazionale che li commercializza( e nel frattempo ha costruito un sistema a matrioska per ridurre la tassazione all’osso) ingenti capitali che, a questo punto, sono liberi di prendere il volo per qualsivoglia lido.
Ma tu sei un criminale

Lo sei per il colore della pelle diverso,perché parli una lingua incomprensibile,perché non hai un quattrino in tasca,perché spesso non hai un documento,perché quello che vuoi è un lavoro che ti permetta di vivere e costruire un futuro migliore,perché hai un karma di merda,altrimenti non saresti nato nell’Africa Subsahariana ma nel centro di qualche metropoli,magari in una famiglia agiata e non staremmo a parlare di tutto questo.

Non è un paradosso,è la colonna portante del ragionamento che prende vita ogni volta che vengono anteposta le spicciole questioni di parte, siano esse dettate da appartenenza politica,dalla frustrazione per ciò che nelle nostre vite va storto e deve trovare un bersaglio su cui sfogarsi per non farci impazzire, dal mero egoismo , o dalla galassia di mattoncini di lego che compongono la nostra coscienza e non riescono a incastrarsi l’uno con l’altro.

L’odio è un collante forte.Più forte dell’amore,dell’empatia,dell’amicizia. Per queste devi giocare una parte attiva,per l’odio è sufficiente focalizzarsi su un obiettivo e lasciarsi trasportare dagli istinti viscerali,con il benefit di non essere mai da solo.

E’ un dato storico. Ogni regime,ogni potenza,ogni nazione,ogni movimento o partito politico ha bisogno di trovare un altro a cui contrapporsi,alla supposta menzogna del quale contrapporre la propria verità.

Verità che hanno portato all’olocausto,allo sterminio degli Armeni, alla persecuzione degli oppositori della Junta argentina e di Pinochet in Cile,all’emarginazione e alla discriminazione degli stagionali italiani in Svizzera,alla loro morte nelle miniere in Belgio, alle quarantene di Ellis Island per quelli che in America ci arrivavano e ai naufragi della Principessa Mafalda(più di 300 morti) e del Sirio ( 200 morti),per quelli a cui era stato solo concesso di sognare un futuro migliore rispetto a quel presente fatto di fame,miseria,malattie,sfruttamento,povertà in Piemonte,Sicilia,Campania,Lombardia e in quello stesso Veneto sul quale oggi la Lega Nord si permette di basare la propria apologia xenofoba.

Era un secolo fa, un secolo veloce,che nella sua fretta e fame di progresso forse ha smarrito il rispetto per il destinatario ultimo della sua corsa sfrenata. L’umanità. Siamo davvero così lontani da quelle storie? E’ cambiato davvero qualcosa? Vite diverse hanno valori diversi?

Le risposte a queste domande e all’infinità di altre che le accompagnano rappresentano una componente fondamentale di un futuro la cui necessità di radicale di riforma sociale e valoriale rischia di non poter più essere rimandata. Negli anni in cui il sistema che ha generato questa faccia della globalizzazione ha mostrato tutta la propria fragilità e fallibilità, siamo di fronte a un bivio. Le indicazioni per la highway dell’imbarbarimento si ammassano lungo la carreggiata, quello dell’accoglienza,della solidarietà,del ripensamento valoriale è a malapena un sentiero e pure dissestato.
A ognuno la scelta.

Christian Neretto

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