Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


mercoledì 9 ottobre 2013

ITALIA - Costituzione da attuare e aggiornare per costruire altra società


Nulla da eccepire sulla difesa della Carta Costituzionale, un bene di tutti e non di una parte. Anzitutto perché nata dalla e per la lotta al nazi-fascismo: dall'intelligenza e dal coraggio di 'uomini di cultura' come Antonio Gramsci, Piero Gobetti, i fratelli Rosselli, Giacomo Matteotti che furono tra i primissimi a capire e denunciare la pericolosità del fascismo. E furono eliminati.

Poi, per i suoi alti, nobili principi fondanti: laicità; libertà di pensiero; uguaglianza; diritto al lavoro, all'istruzione e quindi la scuola pubblica e non privata, alla salute, alla formazione di ciascuno; rifiuto della guerra.

Purtroppo, questi alti, nobili principi fondanti, concepiti dall'intransigenza di chi aveva combattuto il nazi-fascismo 'de visu' e perseguiva il 'benessere' della gente e non della sua parte partitica, sono stati disattesi in parte o in toto.

Se si facesse un onesto bilancio dei suoi 65 anni, la Costituzione entrò in vigore il primo gennaio 1948, non può sfuggire che una delle cause alla sua incompiuta attuazione sta nell'assetto istituzionale escogitato all'Assemblea Costituente dal 'tripartitismo', i tre partiti di massa Dc, Pci e Psi: la 'Repubblica parlamentare', il bicameralismo (Camera e Senato) e dal sistema elettorale, proporzionale con preferenze.

Tant'è, che un partito, la Dc, con la maggioranza relativa, ha governato ininterrottamente per più di 30 anni scegliendo di volta in volta 'coalizioni', guidate sempre da suoi esponenti (tranne rare eccezioni) ai quali il Presidente della Repubblica, quasi sempre dc, (tranne rare eccezioni), affidava l'incarico di formare il governo, le più disparate: dai monocolori con appoggio esterno a coalizioni di due, tre, quattro, cinque partiti; dal centro-sinistra al centro-destra.

Un sistema 'bloccato' che non ha mai permesso l'alternanza tra due o tre schieramenti alternativi, come nel resto dell'Europa; che ha partorito la 'partitocrazia', l'occupazione delle istituzioni da parte dei partiti; il consociativismo, cioè la divisione non scritta del Potere tra centro (Enti ed aziende pubbliche) e periferia, non a caso il Pci ha votato dall'opposizione più del 90% delle leggi; ed il proliferare di una miriarde di partitini dallo zero virgola all'uno per cento, il cui compito è stato quello di...mungere soldi pubblici! Partiti e partitini che pur malmenati dagli elettori (Idv, Pdci, Rc, Rifondazione Comunista, Sinistra Critica, Sel) si ritrovano in piazza sabato prossimo per difendere la Costituzione, la 'loro' Costituzione, ossia i propri interessi, dietro gli slogan 'giustizialisti' o del livoroso 'sessantottino' Flores D'Arcais o dell'ex-Borghese Travaglio, o del 'sandinista' Landini o dei piu' fini ed insigni giuristi, Zagrebelsky e Rodotà che dicono di non voler fondare alcun partito - "un no evangelico", ha garantito il primo - mettendo insieme la difesa degli alti e nobili principi con l'assetto istituzionale ed elettorale. I principi non sono in discussione rispetto invece all'assetto istituzionale ed elettorale su cui occorre intervenire ed incidere con il bisturi 'riformatore'.

La Commissione dei Saggi propone tre soluzioni: la prima è il modello della Quinta Repubblica francese - il semipresidenzialismo - con doppia elezione maggioritaria a corta distanza; la seconda, una forma di parlamentarismo razionalizzato e la terza un mix tra i due precedenti, un governo del Primo ministro, caratterizzata da un possibile ballottaggio nazionale tra le prime due forze o coalizioni e i relativi candidati premier. Il modello francese si fa preferire: un cambio di forma di governo, con l'introduzione dell'elezione diretta del vertice dell'esecutivo, rappresenterebbe un forte segnale nei confronti di un'opinione pubblica disincantata dai fallimenti della Seconda Repubblica e da decenni di riforme mancate.

Insomma, va estirpato il carcinoma della partitocrazia che strozza la democrazia. E non da oggi: risale al 4 marzo '47 quando il giurista Piero Calamandrei, fautore della 'Repubblica Presidenziale', si rivolse cosi' all'Assemblea Costituente: "[...] Per questo noi avevamo sostenuto qualche cosa che somigliasse ad una Repubblica Presidenziale o per lo meno a un governo presidenziale, in cui si riuscisse, con appositi espedienti costituzionali, a rendere più stabili e più durature le coalizioni, fondandole sull'approvazione di un programma particolareggiato sul quale possano lealmente accordarsi in anticipo i vari partiti coalizzati.

Ma di questo, che è il fondamentale problema della democrazia, cioè il problema della stabilità del governo, nel progetto non c'è quasi nulla". Aveva vinto il tripartitismo e Calamandrei lo esplicito': "[...] Se dovrà continuare un pezzo, come mi pare di aver sentito dire dall'on. Togliatti, il sistema del tripartitismo, credete voi che si possa continuare a governare l'Italia con una struttura di governo parlamentare, come sara' quella proposta dal progetto di Costituzione?".

Calamandrei, nume tutelare della scuola pubblica e laica, si batte' con pochi altri per l'epurazione dello Stato dai dirigenti e collaboratori del Regime fascista e contro l'inserimento dei Patti Lateranensi del '29 tra la Chiesa e Mussolini nella Costituzione: di fronte al decreto di amnistia del Guadasigilli, Palmiro Togliatti controfirmato dal Premier, Alcide De Gasperi e all'art. 7 voluto da Togliatti, De Gasperi e dalle destre, resto', come per la 'Repubblica Presidenziale', una 'vox clamans' nel deserto. E 'vox clamans' nel deserto, lo resta tuttora, come altri Padri Costituenti, oscurati dai promotori della 'Via maestra' che preferiscono, evidentemente, l'attuale Repubblica parlamentare.

Carlo Patrignani

Nessun commento:

Posta un commento