Se il nazionalismo non funziona per
gli stati non può essere la base dell'integrazione europea. La società
transnazionale del futuro deve poggiare su un progetto politico. Estratti.
Mikel Arteta 1 ottobre 2013
EL PAIS Madrid
La Spagna non è una nazione
"etnica", di conseguenza il nazionalismo si concede il diritto di
fondare la sua propria nazione "politica". Allo stesso modo sentiamo
dire che a causa della mancanza di un "popolo" europeo sarebbe meglio
non approfondire il progetto dell'Unione. Certo, uno stato che non ha né lingua
né cultura comune avrà più difficoltà ad autogovernarsi, ma idealizzare queste
caratteristiche per portarle alle sue estreme conseguenze non è mai stata una
buona cosa.
Strumentalizzando l'immagine
cosmopolita dei cerchi concentrici, il nazionalismo ridurrà la solidarietà solo
ai suoi. Al di là della famiglia, degli amici e dei conoscenti, ci sarà posto
solo per la "grande famiglia" dei compatrioti, cioè per le persone
che condividono la stessa lingua e che si conformano alla stessa visione del
mondo.
La tesi naturalistica dello sviluppo
empatico e altruista, composta da cerchi concentrici, è sbagliata; sarebbe
assurdo allargare o limitare la solidarietà a chi forma con me il
"popolo". Tuttavia questo ragionamento si basa su un inganno ancora
più grave: "una comunità linguistica è così diversa dalle altre che deve
necessariamente autogovernarsi politicamente". L'assenza di lingua comune
in Europa impedisce un dibattito pubblico fluido e in tempo reale. Dobbiamo
quindi lavorare su questo aspetto.
È vero che dipendiamo dalla lingua,
senza la quale non potremmo pensare il mondo. In compenso la lingua, invece di
adattare un mondo minuscolo che divide la realtà sociale, ci apre al linguaggio
cioè allo strumento che ci permette di comunicare e di riflettere sui nostri
molteplici condizionamenti culturali. L'apprendimento di altre lingue, la traduzione
o l'adesione ai diritti dell'uomo mostrano che in tutte le lingue noi
consideriamo lo stesso mondo sociale, perché dobbiamo affrontare i problemi
concreti che ne derivano.
Occupiamo adesso del corollario
della duplice ipotesi che abbiamo respinto: poiché siamo diversi e il nostro
altruismo è limitato, dobbiamo limitare ai nostri simili le questioni di
giustizia. Questa affermazione elude qualunque normatività democratica. Se le
questioni che ci toccano sono sovranazionali, allora anche il quadro politico
che deve risolverle deve essere sovranazionale.
In conclusione per recuperare la
sovranità popolare, che oggi versa in pessime condizioni, è necessario dare
vita all'integrazione politica dell'Ue attraverso un nuovo demos artificiale
(quest'ultimo dovrà a sua volta dirigere la natura sempre più cosmopolita del
diritto internazionale, cioè del processo attraverso il quale questo diritto –
che è attualmente la base degli stati più forti e potenti – diventa anche un
diritto adottato da e per i cittadini del mondo). Tuttavia che cosa possiamo
fare in un momento in cui l'Ue è in difficoltà perché non ha le basi per
permettere lo sviluppo di una valida democrazia transnazionale?
In questo caso dobbiamo fare ricorso
al diritto per adattare intenzionalmente la realtà sociale. Per Jürgen Habermas
"tutti gli aspetti della cultura umana, compreso il discorso e la lingua,
sono delle costruzioni. Anche se l'essenziale della cultura ha visto la luce in
modo accidentale, […] gli accordi giuridici sono le [costruzioni] più
artificiali". Di conseguenza per superare le strutture culturali che ci
determinano (frontiere, istituzioni, codici, lingua e così via) e per
permettere alla solidarietà di superare le frontiere, è indispensabile dare più
importanza al parlamento, per incoraggiare i cittadini a partecipare alla
legislazione a fianco del Consiglio dell'Unione europea, e al tempo stesso
creare dei veri partiti politici europei.
Autogoverno
democratico
Votare per dei partiti europei
significherebbe dibattere e legiferare democraticamente su molti problemi
In questo modo potremo resuscitare
un progetto comune che per ora viene considerato solo nella prospettiva dei
vantaggi che può dare al nostro paese e a noi stessi. Votare per dei partiti
europei significherebbe dibattere e legiferare democraticamente su molti
problemi. Nelle varie sfere pubbliche di attività i media tradurrebbero e
diffonderebbero le informazioni tecniche fondamentali e gli interessi in gioco.
Un'attiva società civile europea in grado di contribuire a riunire gli
interessi individuali nello stesso quadro politico, contribuirebbe ad
alimentare questa transnazionalizzazione delle sfere pubbliche.
Di fatto gli europei saranno i
concittadini delle persone con i quali avremo concluso un patto, e grazie alla
responsabilità (accountability) e alla reattività (responsiveness)
si creeranno necessariamente dei legami di solidarietà, un sentimento di
appartenenza comune caratteristico di qualunque forma di autogoverno
democratico. Questo costerà poco a chi già condivide molte cose (dalle guerre
mondiali a una ragione intelligente capace di affrontare i problemi in modo
pratico: la tolleranza, lo stato di diritto, la democrazia, e così via). Queste
sono le basi sulle quali costruire un'identità collettiva più ampia e astratta,
ma abbastanza solida per un tedesco che paga le tasse per un greco.
Del resto votare per dei partiti
europei dotati di un vero potere legislativo (ed esecutivo) metterebbe fine alle
critiche all'Ue riguardo il suo funzionamento burocratico e liberista, e la sua
natura intergovernativa (e nazionale), che sottomette i più deboli alla volontà
dei più forti. Solo delle soluzioni alternative e una forma di alternanza
permetteranno di vedere l'Ue non come un progetto elitario, ma come un progetto
politico di cui rifiutiamo gli eccessi attuali. Un progetto non statico ma
diretto da diversi partiti che devono assumersi le loro responsabilità se non
vogliono passare all'opposizione.
Una redistribuzione migliore e una
sovranità popolare efficace passano per il rafforzamento del demos. Per questo
motivo la sinistra non dovrebbe opporsi al progetto politico europeo, ma
piuttosto alla sua attuale natura monolitica.
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