Pensare Globale e Agire Locale

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domenica 29 dicembre 2013

SUD SUDAN - Lotta per il petrolio dietro agli scontri


Accordo su un cessate il fuoco a Juba. Ma i morti sono 1.000 in 10 giorni. E la furia tra etnie è alimentata dal profumo dei giacimenti di idrocarburi. Su cui allungano i tentacoli Usa e Cina.

Sabato, 28 Dicembre 2013 - In 20 anni di guerra civile, tra il 1983 e il 2005, in Sudan morirono quasi 2 milioni di africani, in larga parte civili. In questa fine 2013, nonostante un’intesa sul cessate il fuoco raggiunta il 27 dicembre, la mattanza potrebbe ripetersi: in soli 11 giorni, dal tentato golpe del 16 dicembre, i morti in Sud Sudan, sono già 1.000.
Le organizzazioni internazionali e i Paesi vicini sanno per esperienza che in questa area di mondo gli scontri tra popoli dilagano rapidamente in bagni di sangue, espandendosi nelle regioni limitrofe. Nel primo conflitto tra il governo centrale e i separatisti del Sud, tra il 1955 e il 1972, ci vollero 500 mila vittime prima che le due parti raggiungessero, grazie alla mediazione dell'Etiopia, l'accordo su una precaria autonomia del Sud dal Nord.
LE DIVIONI ETNICHE E RELIGIOSE. Infine indipendente da Khartoum dal 2011, nella capitale Juba è però ricomparso un vecchio nemico: le divisioni etniche e religiose tra i separatisti dell'Esercito per la liberazione popolare.
Per fermare i massacri, i leader di Kenya ed Etiopia sono volati a Juba il 27 dicembre, per convincere il presidente Salva Kiir, della tribù dei dinka, a venire a più miti consigli con il suo ex compagno di battaglie Riek Machar, della tribù rivale dei nuer, nonché suo vice-presidente. Missione compiuta, formalmente: il governo di Juba si è impegnato per un immediato cessate il fuoco con le milizie legate all'ex vicepresidente Riek Machar.
ONU, CASCHI BLU RADDOPPIATI.  Ma le Nazioni Unite, che nell'arco di 48 ore hanno inviato 6 mila caschi blu di rinforzo ai 6.500 presenti, stimano «oltre un migliaio di morti». E il conflitto, in sole due settimane, si è propagato nella metà dei dieci Stati del Paese.

La pulizia etnica di dinka e nour:  esecuzioni e stupri e fosse comuni


Sin dall'esplosione dei primi scontri tra dinka e nuer, Palazzo di Vetro ha temuto operazioni di pulizia etnica. Come quelle tra hutu contro tutsi che, nel 1994, dilaniarono il Ruanda. L'Alto commissariato per i diritti umani dell'Onu ha denunciato una fossa comune con almeno 75 corpi senza vita nello Stato di Unità e almeno altre due buche piene di cadaveri si troverebbero nello Stato di Juba.
I morti senza nome della prima fossa sarebbero della tribù del presidente Salva Kiir.
PULIZIE ETNICHE BIPARTISAN. Ma secondo altre testimonianze riportate dai media internazionali, nella capitale oltre 200 persone, per lo più di etnia nuer come il vice Machar e i suoi guerriglieri, sarebbero state giustiziate dalle forze regolari. Altri 250 civili sarebbero stati fucilati a Juba, in un'altra esecuzione sommaria.
Stupri di massa e rappresaglie sarebbero in corso, nonostante l'apertura formale al dialogo tra Kiir e Machar, per mano di entrambi le fazioni, con oltre 100 mila rifugiati nel paese e migliaia di cittadini stranieri evacuati dal Sud Sudan.
FINANZIAMENTI A RISCHIO. Gli Usa - finanziatori dei movimenti indipendentisti e decisivi per gli accordi di pace con il Sudan - hanno richiamato all'ordine sia il presidente Kiir, che ha cacciato Machar dall'incarico di vice-presidenza, sia Machar, che si è alleato con altri gruppi ribelli, uscendo dall'orbita istituzionale.
La Casa Bianca, che ha inviato 45 soldati a Juba a presidiare l'ambasciata, ha minacciato il governo del Sud Sudan di «ritirare i tradizionali, robusti finanziamenti» e «agire», inviando in Sud Sudan i marine trasferiti dalla Spagna alla base di Camp Lemonnier, nella Repubblica di Gibuti. Se non ci saranno progressi verso la pace.

Nella corsa al petrolio gli Stati Uniti con Kiir e la Cina con Machar


Ma come sempre non è solo la democrazia che gli Stati Uniti sono pronti a difendere, con i loro uomini e con le missioni internazionali.
Le abbondanti estrazioni dai giacimenti di petrolio sono il pilastro delle economie del Sud Sudan e del Sudan, e sono cruciali per i Paesi limitrofi.
È su queste risorse che, sin dal 1800, si sono concentrate le mire delle potenze colonialiste in lotta per la spartizione dell'Africa, prima ancora che i popoli indigeni iniziassero a litigare per ridisegnare i confini dei loro Stati sovrani.
ALLEANZE SPACCATE NEL PAESE. Alla base dell’appoggio di Washington agli indipendentisti cristiani e animisti del Sud Sudan c’era la volontà di creare una nuova entità statale ricca di risorse, che fosse più malleabile verso l'asse atlantico. Visto che il governo di Khartoum, una volta affrancatosi dalla morsa inglese ed egiziana e prima dell'indipendenza del Sud, aveva stretto legami politici ed economici con la Cina, destinando alla Repubblica popolare oltre la metà del greggio estratto dal Sud.
IL PRESSING DI PECHINO. Non a caso, Pechino ha fatto sapere di avere intenzione di inviare «presto» un delegato a Juba, per influenzare le trattative. Tra gli interlocutori privilegiati della Cina ci sarebbe l'entourage di Machar, già vice presidente dal 2005, quando il Sud Sudan, prima del referendum che ne ha sancito l'indipendenza nel 2011, era una regione autonoma: dunque, ancora legata a doppio filo alle autorità sudanesi.
I dinka a prevalente religione cristiana del presidente Kiir sono la maggiore etnia del Paese. Ma messi insieme contano appena il 20% della popolazione.
LA LOTTA KIIR-MASHAR. Il vice e nemico Machar, nuer di religione e con tradizioni proprie, ha ricompattato le opposizioni critiche verso la corruzione e l'autoritarismo del governo in un esercito parallelo, che ha già occupato alcuni campi petroliferi.
Il capo di Stato accusa l'ex braccio destro di tentato colpo di Stato, mentre Machar si ritiene vittima di una epurazione, per aver annunciato la sua candidatura alle presidenziali del 2015.
Ma le divisioni tra il presidente Kiir e il suo vice Machar, responsabile nel 1991 del massacro di 85 mila civili a Bor, e le divisioni tra le popolazioni che rappresentano, i dinka e i nour, sono di lunga data. Per decenni i protettori inglesi hanno tenuto il nord musulmano diviso dal Sud cristiano del Sudan. E, insieme con belgi e francesi, ne hanno anche alimentato e foraggiato le spaccature.

Barbara Ciolli

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