A
prescindere dal fatto che nel fenomeno dell’evasione più che di italiani
“furbi” (espressione che, per dirla con Mughini, aborro) si dovrebbe parlare di
Stato “coglione”, che non riesce nemmeno a verificare quanto ricava veramente
un ristorante o un semplice idraulico, vorrei dire che, checché se ne dica, chi
non paga le tasse non ruba.
No, non
“ruba allo Stato” affatto, non ”sottrae denaro al fisco”: soltanto se
partissimo dal presupposto che tutti i mezzi di produzione appartengono allo
Stato, come accadeva nei regimi comunisti, l’evasione sarebbe da
considerare un furto che i cittadini compiono appropriandosi di parte del
patrimonio pubblico.
Infatti dal
punto di vista giuridico e morale può essere considerato “furto” solo
l’appropriarsi, in modo illecito, di beni altrui e sono i
cittadini (e non lo Stato) i legittimi proprietari di
ciò che producono col loro lavoro (John Locke docet!).Ergo:
le tasse non versate allo Stato non possono essere considerate un “furto”,
poiché, ovviamente, nessuno può rubare a sè stesso in quanto si
tratta di cespiti che, in assenza del fantomatico ”ladro” (cioè
l’evasore) non sarebbero mai stati prodotti e sui quali, di conseguenza,
il fisco non avrebbe mai potuto vantare alcuna pretesa. Addirittura
si capovolgono le parti: non è l’evasore a sottrarre denaro dell’erario, ma è
lo Stato che sottrae risorse, con la coercizione, alla disponibilità dei loro
legittimi proprietari attraverso le imposte, che divengono una sorta
di estorsione legalizzata!Chi non paga le tasse ruba forse agli
altri cittadini i quali, come si sostiene molto superficialmente, sarebbero
costretti a pagare imposte sempre più pesanti, proprio a causa dell’evasione?
Questo
potrebbe essere vero solo a condizione che le imposte fossero delle ”quote
fisse” di spese da ripartire fra i cittadini, spese decise col consenso
degli stessi cittadini che se ne accolleranno l’onere, come se lo Stato fosse
una sorta di grande condominio. In realtà non avviene così: le imposte,
sempre crescenti, sono decise dai politici per finanziare spese pubbliche
(molto spesso autoreferenziali, per dirla con un eufemismo) in
continuo aumento, i cui costi vengono scaricati sui cittadini. L’evidenza
empirica mostra, al contrario, che non c’è nessuna correlazione fra il livello
di tassazione eil livello di evasione, tanto che 30 anni fa la pressione
fiscale era al 31% del Pil al netto del sommerso, mentre oggi ha raggiunto il
55% del Pil al netto del sommerso, nonostante la quota di economia “nera”
sia un fenomeno in costante, anche se lieve, diminuzione, scendendo dal
21% del 2000 all’attuale 17% del prodotto interno lordo (dati ISTAT). Ruba
forse perché impedisce alla pubblica amministrazione di far funzionare scuole
ed ospedali?
No: lo Stato
ha già abbastanza soldi, anche troppi, e che gli italiani, al di là dei
luoghi comuni più vieti, sono tra i maggiori pagatori di tasse nel mondo,
avendo versato, nel solo 2012, secondo i dati dello stesso Ministero
dell’economia, ben 752 miliardi fra imposte dirette, imposte indirette e
contributi sociali, “spintaneamenti” pagati “automaticamente” mese per mese
dai sostituti d’imposta come i datori di lavoro e le aziende,
costretti obtorto collo a fare i gabellieri per lo Stato (e, per di più,
gratis!) effettuando le ritenute su stipendi e compensi e “segnalando” al Fisco
i loro clienti e fornitori. Lo Stato, da solo, andando a cercarsi le tasse
“porta a porta”, riesce a procurarsi non più di 13 miliardi, con la cosiddetta
“lotta all’evasione” (quasi fosse un surrogato della lotta di classe, non più à
la page).
di
Alessandro Spanu in Prima pagina
Nessun commento:
Posta un commento