Slavoi Zizek
1 giugno
2012 LONDON REVIEW OF BOOKS Londra
Immaginate una scena di un film distopico che descrive
la nostra società in un futuro prossimo. È notte. Squadre di uomini in uniforme
pattugliano le strade del centro di una città semi deserta in cerca di
immigrati clandestini, criminali e vagabondi. Quelli che trovano, li picchiano
senza pietà.
Sembra una classica fantasia holliwoodiana, e invece è
la realtà della Grecia ai giorni nostri. La notte i vigilanti del movimento
Alba dorata – formazione neofascista che nega l’olocausto, ha conquistato il 7
per cento dei voti e a quanto pare gode del sostegno del 50 per cento dei
poliziotti ateniesi – pattugliano le strade malmenando tutti gli immigrati che
riescono a trovare: afgani, pachistani, algerini. Così si difende l’Europa
nella primavera del 2012.
Quelli che vogliono proteggere la civiltà europea
dagli immigrati lo fanno con una tale ferocia da rappresentare una minaccia più
grave di qualsiasi “invasione” di stranieri di fede musulmana. Con difensori di
questo tipo, l’Europa non ha bisogno di nemici. Cento anni fa G.K. Chesterton
ha illuminato il paradosso della critica alla religione: “Uomini che cominciano
a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell’umanità finiscono per
sacrificare anche la libertà e l’umanità pur di sconfiggere la Chiesa. […] I
secolaristi non hanno distrutto le cose divine, ma hanno distrutto le cose
secolari, se questo gli è di qualche consolazione”.
Oggi molti paladini della libertà sono così ansiosi di
combattere il fondamentalismo anti-democratico che finiscono col fare a meno
della libertà e della democrazia pur di sconfiggere il terrore. Se i
“terroristi” sono pronti a radere al suolo questo mondo in nome di un altro
mondo, i nostri guerrieri antiterroristi sono pronti a radere al suolo il loro
mondo democratico in preda all’odio per quello musulmano. Alcuni di loro amano
la dignità umana al punto da essere disposti, per difenderla, a legalizzare la
tortura. È un ribaltamento del processo in cui i fanatici paladini della
religione cominciano attaccando la cultura secolare contemporanea e finiscono
col rinunciare ai loro principi religiosi pur di eradicare gli aspetti del
secolarismo che odiano.
Comunque sia, le ronde contro gli immigrati in Grecia
non sono il pericolo maggiore, ma soltanto un corollario della reale minaccia,
ovvero la politica di austerity che ha causato le difficoltà della Grecia. Il
17 giugno i greci torneranno alle urne, e i leader europei ci ripetono che le
prossime elezioni avranno un’importanza capitale: in ballo non c’è soltanto il
destino della Grecia, ma anche quello di tutta l’Europa. Un risultato – quello
più auspicabile, secondo loro – permetterebbe di portare avanti il doloroso ma
necessario processo di ripresa attraverso le misure d’austerity. L’alternativa
invece – la vittoria della coalizione di sinistra Syriza – scatenerebbe il
caos, la fine del mondo (europeo) per come lo conosciamo oggi.
I profeti della catastrofe hanno ragione, ma non nel
senso che credono loro. Secondo i critici del nostro attuale sistema
democratico, oggi le elezioni non offrono una reale possibilità di scelta:
siamo chiamati ad assegnare il nostro voto a partiti di centrodestra o di
centrosinistra, ma i loro programmi sono pressoché indistinguibili. Il 17
giugno, invece, i greci potranno davvero operare una scelta di campo: l’establishment
(Nuova democrazia e Pasok) da una parte, Syriza dall’altra.
Come sempre accade quando esiste una reale possibilità
di scegliere, l’establishment va in preda al panico: se farete la scelta
sbagliata, minacciano, seguiranno devastazione, povertà e violenza. La mera
possibilità che Syriza possa vincere ha terrorizzato i mercati globali. Viviamo
nei giorni della prosopopea ideologica: i mercati parlano come se fossero
persone, esprimono preoccupazione per ciò che potrebbe accadere se il futuro
governo greco non sarà disposto a rispettare il programma di austerity fiscale
e riforme strutturali. Ma i greci non hanno tempo di preoccuparsi di tutto
questo: devono pensare alla loro vita di tutti i giorni, che sta peggiorando
fino a raggiungere livelli che in Europa non si vedevano da decenni.
Le minacce dei vertici europei sono profezie
auto-avveranti. Scatenano il panico, e in questo modo favoriscono quegli stessi
i meccanismi da cui ci mettono in guardia. Se vincerà Syriza, sperano che
impareremo la lezione sulla nostra pelle e capiremo cosa succede quando si
interrompe il circolo vizioso della mutua complicità tra i tecnocrati di
Bruxelles e il populismo anti-immigrazione. Per questo Alexis Tsipras, leader
di Syriza, ha dichiarato in una recente intervista che la sua priorità in caso
di vittoria sarà quella di combattere il panico: “il popolo sconfiggerà la
paura. La gente non soccomberà e non si lascerà ricattare”.
La missione di Syriza è quasi impossibile, ma la sua
voce non è quella della follia di estrema sinistra. Al contrario, è la voce
della ragione che lotta contro la scriteriata ideologia di mercato. Gli uomini
di Syriza sono pronti a prendere in mano la situazione, e hanno superato la
tradizionale paura di governare della sinistra. Hanno il coraggio di provare a
rimediare agli errori commessi da altri. Per farcela dovranno mostrare una
formidabile combinazione di principi e pragmatismo, di impegno democratico e
capacità di agire rapidamente e con decisione quando necessario. Se vogliono
avere una benché minima possibilità di successo, avranno bisogno di una
solidarietà forte a livello pan-europeo: non soltanto un trattamento
accettabile da parte degli altri paesi, ma anche un sostegno in termini di idee
creative, per esempio per la promozione del turismo estivo.
Il momento dell’eresia
Nei suoi Appunti per una definizione di cultura, T.S.
Eliot sottolineava che ci sono momenti in cui l’unica scelta possibile è tra
l’eresia e la non-fede. In altre parole, a volte l’unico modo di mantenere in
vita una religione è provocare una scissione settaria. Oggi l’Europa si trova
esattamente in questa situazione. Soltanto un nuova “eresia” – ai giorni
nostri, Syriza – può salvare quanto di buono c’è nel progetto europeo:
democrazia, fiducia nei popoli, egualitarismo, solidarietà… Se Syriza verra
sconfitta saremo invece condannati a vivere in “un’Europa dai valori asiatici”,
che naturalmente non avrà nulla a che vedere con l’Asia ma sarà soltanto lo
specchio delle tendenza del capitalismo contemporaneo a calpestare la
democrazia.
È questo il paradosso connaturato al “voto libero”
nelle società democratiche: il cittadino è libero di scegliere, a condizione
che faccia la scelta desiderata. Se l’opzione scelta è diversa (lo abbiamo
visto quando gli irlandesi hanno rifiutato la costituzione europea) viene
trattata come un errore, e per correggerlo l’establishment chiede
immediatamente che il processo “democratico” riparta dal principio. Quando
l’anno scorso il primo ministro greco George Papandeou ha proposto un referendum
sul piano di salvataggio per la Grecia, la consultazione referendaria in sé è
stata bollata come scelta sbagliata.
I mezzi di comunicazione veicolano due macro-storie a
proposito della crisi greca: c’è la storia germano-europea (i greci sono
irresponsabili, pigri, spendaccioni, evasori fiscali e hanno bisogno di essere
controllati e di imparare la disciplina fiscale) e c’è la storia greca (la
nostra sovranità nazionale è minacciata dalla tecnocrazia neoliberale di
Bruxelles). Quando è diventato impossibile ignorare le sofferenze del popolo
greco è emersa una terza storia: i greci vanno aiutati perché vittime di
un'’mergenza umanitaria, come se fosse in corso una guerra o se il paese fosse
stato colpito da una calamità naturale. Tutte e tre le storie sono chiaramente
false, ma la terza è la più disgustosa. I greci non sono affatto vittime
inermi. Sono uomini in guerra contro i vertici dell’economia europea, e ciò di
cui hanno bisogno è la nostra solidarietà, perché la loro battaglia è anche la
nostra battaglia.
La Grecia non è un’eccezione, ma uno dei tanti banchi
di prova per un nuovo modello socioeconomico dalle applicazioni potenzialmente
illimitate: una tecnocrazia depoliticizzata in cui i banchieri e altri “saggi”
demoliscono ogni forma di democrazia. Se riusciremo a salvare la Grecia dai
suoi presunti salvatori, salveremo anche l’Europa. (Traduzione di Andrea
Sparacino)

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